Abitabilità/agibilità: vediamo di cosa si tratta
Il certificato di abitabilità è quel certificato che attesta che l’unità immobiliare è conforme alle normative in termini di sicurezza, igiene e dispersione termica. In pratica certifica che la casa è abitabile nel rispetto delle normative vigenti.
Vengono verificati una serie di requisiti e di standard qualitativi come:
• Standard igienico-sanitari;
• Risparmio energetico dell’edificio e degli impianti;
• Standard di sicurezza;
Verificati questi aspetti, vien rilasciato il certificato di abitabilità/agibilità. Ma non è sempre necessario che un tecnico verifichi gli standard, altrimenti non si finirebbe più di fare sopralluoghi. Infatti in assenza di controlli l’abitabilità viene rilasciata per silenzio assenso come vediamo tra breve.
Dove richiedere copia del certificato di abitabilità/agibilità
Normalmente il certificato viene richiesto in seguito la fine lavori e una volta rilasciato dal comune, il Notaio riporterà la presenza del certificato nell’atto di provenienza. Qualora l’immobile sia nuovo e il Notaio sia in possesso del certificato, allora ne riporterà gli estremi direttamente nell’atto di compravendita. In questo modo vi sarà sempre traccia anche nei successivi atti Notarili. D’altra parte però se fosse stato rilasciato per silenzio assenso, dovrai richiedere copia presso gli sportelli comunali.
Per ottenere il rilascio l’abitabilità è necessario l’intervento di un tecnico abilitato (come un geometra, ingegnere o un architetto). Ovviamente si presume si tratti del tecnico che ha creato il progetto ma non è sempre detto che sia così. La richiesta dev’essere fatta entro 15 giorni dalla data di fine lavori, presso il comune ove è ubicato l’immobile. Il tecnico deve provvedere alla compilazione di alcune dichiarazioni quali:
• attestato del direttore lavori;
• le dichiarazioni del tecnico;
• titolo di proprietà dell’immobile;
• attestato di conformità degli impianti;
• eventuale aggiornamento degli estremi catastali;
• dichiarazione di buona riuscita del collaudo statico delle strutture portanti;
• la dichiarazione del proprietario;
• riassuntivo della documentazione;
La domanda va presentata al comune in 2 copie, una delle quali dev’essere conservata dal proprietario. Una volta presentata la domanda, il comune ha tempo 30 giorni per rilasciare il certificato di abitabilità/agibilità. Se però la richiesta dell’ASL è stata sostituita con un’auto dichiarazione allora il termine temporale è di 60 giorni. Una volta rilasciato non può essere annullato e ha pieni valori legali.
Costo del certificato di abitabilità
La spesa maggiore riguarda il costo del collaudo e il compenso del tecnico.
• 2 marche da bollo da 16,00 euro ciascuna (per un totale di € 32,00);
• diritti di segreteria tra gli 80 e i 150 euro, ma questi variano in base al comune;
• per il collaudo statico i costi variano dai 500,00 ai 4.000,00 euro in base alla tipologia di opera eseguita;
• il compenso del tecnico varia dai 150,00 ai 1.500,00 euro ed è compreso di relazione, sopralluogo e pratica completa;
• infine vi sono dai 180,00 ai 350,00 euro circa per la verifica e la conformità degli impianti;
Complessivamente quindi il totale del costo del certificato di abitabilità varia dai 950,00 euro ai 6.000,00 euro.
L’abitabilità non è obbligatoria per vendere casa
Quando si parla di compravendita immobiliare senza il certificato di abitabilità/agibilità, sorgono giustamente dubbi sulla commerciabilità del bene. Non vi è obbligo di abitabilità per vendere un immobile, quindi il Notaio potrà comunque concludere l’atto definitivo. Ad esempio consideriamo un rudere che anche se inagibile può essere regolarmente venduto. L’assenza del certificato dev’essere stata comunicata chiaramente all’acquirente, il quale accetta comunque l’acquisto dell’immobile. Altresì dev’essere comunicata la motivazione per cui è assente l’abitabilità.
Qualora che il proponente sia a conoscenza dell’assenza del certificato ma non ne sappia il motivo, potrebbero sussistere condizioni di fraintendimento. In questo caso il proponente potrà ritirarsi e trattenere l’eventuale caparra come da Cass. Civ. 23265/2019. Ecco perché è meglio specificarne la motivazione così da evitare sempre qualsiasi malinteso.
Infatti un conto è che la pratica sia stata smarrita ed è da richiedere in comune la copia in originale, un altro è che non vi siano i requisiti necessari. Se il proponente viene eluso o raggirato è ovvio che possa chiedere una sentenza risarcitoria in giudizio.
Se però la comunicazione non è stata trasparente allora la vendita può essere annullabile. Infatti è indispensabile che il proponente ne sia a conoscenza. Se la comunicazione non è stata trasparente, un giudice potrà annullare l’atto di vendita oppure imputare una diminuzione del prezzo o rimborso danni a favore dell’acquirente. La proposta di acquisto sarà valida solo se l’acquirente è consapevole dell’assenza.
Come vendere l’immobile senza abitabilità
La vendita di una casa senza abitabilità è possibile ma richiede trasparenza da parte del venditore. In generale, è possibile cedere un’abitazione priva di tale certificato, ma è fondamentale informare l’acquirente in merito alla mancanza del documento e alle conseguenti implicazioni. Un immobile sprovvisto di certificato di abitabilità potrebbe non essere considerato idoneo all’uso residenziale per varie ragioni, tra cui mancanza di requisiti di sicurezza, irregolarità urbanistiche o incompletezza dei lavori di costruzione.
Se la causa fosse dovuta allo smarrimento del certificato allora sarà sufficiente richiederlo al comune per ottenere una copia conforme all’originale. In questo caso vi potrebbero essere solo dei costi di segreteria e servirà circa una o due settimane di tempo.
Tuttavia per avvenimenti più gravi, ad esempio la mancata richiesta da parte del tecnico, allora potrebbero essere applicate delle sanzioni. L’abitabilità va richiesta alla fine lavori e in caso di ritardo la sanzione varia tra i 77,00 euro e i 464,00 euro.
Caso ancor più grave è qualora vi sia la mancanza del certificato di abitabilità in quanto non vi siano uno o più requisiti. Benché questo non compromette l’impossibilità di rivendere l’immobile, ne influenza sicuramente il valore e la commerciabilità. In altri casi comporta l’annullamento della compravendita, purché appunto non sia stato comunicato in tempo e non venga riportato nel contratto preliminare.
Ad ogni modo, purché si tratta di un documento importante per vendere l’immobile, non è obbligatorio (basti pensare alla compravendita di un rudere). Ma le implicazioni sono numerose e devono essere chiaramente espresse all’acquirente. Tra queste:
- Difficoltà nel finanziamento dal momento che l’acquirente potrebbe incontrare difficoltà nell’ottenere un mutuo per l’acquisto dell’immobile, poiché molte istituzioni finanziarie richiedono questo documento come parte essenziale della documentazione per il processo di prestito.
- Svalutazione finanziaria, in quanto ovviamente un immobile non abitabile è meno appetibile sul mercato, anche in termini di locazione. Questo comporta quindi un minor valore dell’immobile.
Pertanto il diritto di recesso da parte dell”acquirente è legittimo se quest’ultimo non era a conoscenza della mancanza di abitabilità dell’immobile. Se infatti non ci fosse trasparenza riguardo l’assenza di tale certificato l’acquirente può anche richiedere la restituzione del doppio della caparra.
In conclusione, vendere una casa senza certificato di abitabilità richiede una completa divulgazione delle informazioni da parte del venditore, che deve fornire all’acquirente una panoramica chiara delle possibili conseguenze legate a tale situazione.
Valore immobile senza abitabilità
Qualora il certificat non fosse stato rilasciato dal comune per la mancanza di uno o più requisiti, la commerciabilità dell’immobile si riduce notevolmente. Ad esempio un immobile che soffre di infiltrazioni o umidità tali per cui non vi siano i requisiti igienico e sanitari. Oppure un soffitto troppo basso e via dicendo. E’ ovvio che diventa difficile vendere una casa ad uso abitativo senza i requisiti per viverci, quindi il valore economico ne subisce una riduzione anche notevole.
In questo caso non vi sono tabelle o coefficienti per le quali sia possibile scontare un equo prezzo. Si tratta perlopiù di un libero accordo tra proponente e proprietario.